20 settembre 2019

Grazie ai tre milioni di euro garantiti da Tangenziale Esterna SpA al Comune di Melzo, caglia la riconversione in polo per il tempo libero di Cascina Triulza, il complesso agricolo in cui, alla fine dell’800, Egidio Galbani attivò la prima produzione italiana su scala industriale di formaggi a pasta molle.

La prosecuzione dell’intervento anche in agosto ha consentito, infatti, alla task-force schierata nel cantiere dall’assessore alle Opere Pubbliche Franco Guzzetti e dal direttore dei lavori Christian Campanella, entrambi docenti del Politecnico, di salvare l’ex caseificio dai possibili crolli innescati del grave stato di degrado.

L’impiego di maestranze preparate e di macchinari moderni ha permesso, del resto, di accelerare la messa in sicurezza del sito, che risulta censito nei mappali catastali dell’epoca di Maria Teresa d’Austria, e di intraprendere, di concerto con la Sovrintendenza, lo smantellamento di tetti pericolanti e soffitti ammalorati.

Con pazienza certosina, i tecnici provvedono, d’altra parte, a rimuovere uno per uno coppi e assi dalle intelaiature, a catalogarli e a sottoporli a uno speciale trattamento finalizzato a ripristinarne la funzionalità in vista del rimontaggio sulle intelaiature originali preservate dalla demolizione in virtù del consolidamento attuato.

Particolare cura viene posta, poi, non solo alla riqualificazione di un locale denominato «stallino del fittavolo», che è caratterizzato da volte a ombrello in arenaria e che, al contrario dei solai troppo compromessi, sarà mantenuto in piedi, ma pure alla salvaguardia della torre colombaia a pianta quadrata e dei laboratori.

Il recupero della vecchia casera, ubicata tra le odierne vie Lazzati e Trivulzio, non va inquadrato, insomma, nell’ottica limitata di un puntellamento ma con il grandangolo offerto dalla difesa della consistenza fisico-materica dell’edificio e dall’esaltazione della singolare conformazione architettonica, distributiva e ambientale.

La società cui l’Amministrazione ha affidato, tramite gara pubblica, i lavori confida di riconsegnare, nella primavera del 2020, al Comune l’ex opificio allo stadio di rustico in modo che Giunta e Consiglio possano pianificare la trasformazione vera e propria dell’immobile in sito di fruizione collettiva accessibile da A58-TEEM.

Tale destinazione d’uso si attaglia, comunque, perfettamente a un complesso che, all’entrata in esercizio dell’Autostrada taglia-file (33 chilometri da Agrate a Melegnano raccordati con A4, A35-BreBemi e A1), dei collegamenti connessi e delle ciclabili integrate, s’è ritrovato in posizione strategica per il tempo libero.

Anche alla luce di questa peculiarità, il Municipio vaglia due proposte di futuro utilizzo dell’ex fabbrica, che presuppongono l’erogazione di fondi da parte di soggetti diversi dalla Concessionaria: la prima, già nota ai residenti, verte sull’insediamento di un centro cicloturistico; la seconda è oggetto, invece, di massimo riserbo.

Corsi e ricorsi storici della crescita alimentata dalle infrastrutture? Beh, va ricordato che il successo dello stabilimento avviato dal fondatore della Galbani fu spianato, come sottolineano esperti di archeologia industriale, dalla vicinanza del caseificio, che allevava i bovini sul posto, con la ferrovia aperta ai primi del ‘900.

Si trattò di un’affermazione tanto travolgente che, già nel 1911, l’opificio si rivelò così inadeguato ai volumi di produzione imposti dal mercato da costringere l’illuminato (e mai sciagurato) Egidio, imprenditore nativo della Valsassina, a concentrare l’attività in una sede limitrofa trasferendo i manovali rurali assunti.

Da quel momento, il complesso subì un progressivo declino che il Comune, stante l’indisponibilità di contributi pubblici da investire in un intervento oneroso, non riuscì ad affrontare sino all’inserimento del salvataggio di Cascina Triulza tra le opere di compensazione per il territorio donate da Tangenziale Esterna SpA.